Da una parte il mare, dall'altra lontanissime montagne.
E in mezzo a queste due nature così diverse stavano i tre alberi, quelli che l'hanno sempre ispirata.
Quelli che in inverno, spogli, si rivelavano per quel che erano davvero: tre figure magre, ben radicate nella terra, ma tutte e tre proiettate verso la montagna, quasi a voltare le spalle a quel mare a volte benevolo, ma molte volte violento e pieno di sé.
Quei tre alberi che stavano sempre là, ma sembrava volessero stare da tutt'altra parte, e che d'estate si riempivano di foglie, quasi a voler nascondere quella tendenza verso la montagna. Un po' come gli esseri umani, che in estate si appiccicano addosso tutta la felicità del mondo, facendo finta di essere appagati, mentre nella solitudine dell'inverno buttano la maschera della felicità per mostrarsi, nudi emotivamente, per quello che sono.
Quei tre alberi che stavano sempre là, nello stesso modo, ma ogni giorno avevano qualcosa di diverso.
E ogni giorno lei caricava i loro rami dei suoi pensieri: un giorno vi appendeva i progetti futuri, quelli lontani e quasi irraggiungibili, un altro ci metteva i buoni propositi, un altro ancora le delusioni, quelle che stanno in fondo al cuore e che poteva raccontare giusto ai suoi tre alberi.
Era l'immagine più poetica che avesse mai avuto davanti agli occhi: tre arbusti, soli in un immenso campo, diversissimi tra loro, ma con la stessa inclinazione. Qualcuno aveva cercato addirittura di spiegarle che il motivo della loro inclinazione era semplicemente il vento che soffiava sempre dal mare verso la montagna.
Ma nessuna spiegazione tecnica poteva far crollare la storia che lei aveva creato: loro erano i tre silenziosissimi custodi dei suoi più intimi pensieri.
E in mezzo a queste due nature così diverse stavano i tre alberi, quelli che l'hanno sempre ispirata.
Quelli che in inverno, spogli, si rivelavano per quel che erano davvero: tre figure magre, ben radicate nella terra, ma tutte e tre proiettate verso la montagna, quasi a voltare le spalle a quel mare a volte benevolo, ma molte volte violento e pieno di sé.
Quei tre alberi che stavano sempre là, ma sembrava volessero stare da tutt'altra parte, e che d'estate si riempivano di foglie, quasi a voler nascondere quella tendenza verso la montagna. Un po' come gli esseri umani, che in estate si appiccicano addosso tutta la felicità del mondo, facendo finta di essere appagati, mentre nella solitudine dell'inverno buttano la maschera della felicità per mostrarsi, nudi emotivamente, per quello che sono.
Quei tre alberi che stavano sempre là, nello stesso modo, ma ogni giorno avevano qualcosa di diverso.
E ogni giorno lei caricava i loro rami dei suoi pensieri: un giorno vi appendeva i progetti futuri, quelli lontani e quasi irraggiungibili, un altro ci metteva i buoni propositi, un altro ancora le delusioni, quelle che stanno in fondo al cuore e che poteva raccontare giusto ai suoi tre alberi.
Era l'immagine più poetica che avesse mai avuto davanti agli occhi: tre arbusti, soli in un immenso campo, diversissimi tra loro, ma con la stessa inclinazione. Qualcuno aveva cercato addirittura di spiegarle che il motivo della loro inclinazione era semplicemente il vento che soffiava sempre dal mare verso la montagna.
Ma nessuna spiegazione tecnica poteva far crollare la storia che lei aveva creato: loro erano i tre silenziosissimi custodi dei suoi più intimi pensieri.