Buon pomeriggio cari lettori, oggi vi parlerò di un romanzo. L'autore è Thomas Harris, scrittore americano di grande successo che pubblicò, però, soltanto cinque romanzi, di cui quattro incentrati su Hannibal Lecter. "Il silenzio degli innocenti" è il secondo volume in cui appare lo psichiatra Hannibal.
Iniziamo accennando la trama, su cui, però, non mi voglio soffermare troppo.
Tutto inizia con Jack Crawford che indaga sul caso "Buffalo Bill", il serial killer che scuoia giovani ragazze robuste. Clarice Starling, ancora studentessa, ha il compito di indagare cercando di interrogare Hannibal Lecter, esperto psichiatra e criminologo, ma anche serial killer e antropofago, e per questo rinchiuso in una struttura psichiatrica. Tra i due ci saranno scambi equi di informazioni (Clarice gli svelerà episodi della sua vita in cambio di informazioni sul ricercato che, in qualche modo, Lecter conosceva) ed in questi incontri i due saranno piuttosto affascinati l'uno dall'altra: Clarice dai modi galanti del dottore e dalla sua capacità di "leggere" le persone e Lecter dalla scaltrezza della promettente giovane. Dopo diversi eventi e colpi di scena si arriva ad una fine piuttosto scontata, secondo me, ma che non voglio rivelare.
Vorrei esprimermi, invece, sul romanzo in sé: per quanto riguarda la trama essa è davvero avvincente ed i vari salti di argomento da un capitolo all'altro contribuiscono ad alimentare il turbamento nella mente del lettore. Tantissimi i colpi di scena ed abbastanza macabri, ma non troppo da far passare l'appetito, alcuni particolari. I ragionamenti e le trappole tese da Lecter sono geniali, frutto di una mente, quella di Thomas Harris, che ha analizzato profondamente i vari criminali (lavorò come reporter presso la Associated Press di NY, ndr). Inoltre, si entra subito nella zona "hot" della vicenda: gli input iniziali sono brevi e già dal capitolo 3, pagina 23, il lettore comincia ad essere implicato ed avvertire la suspence (immaginatevi un romanzo di 383 pagine di cui solo 23 sono introduttive!!!).
Mi è piaciuto anche lo stile dell'autore: non troppo complicato, per non far concentrare troppo sul significato di ciò che è stato scritto e per dare spazio all'immaginazione. Le varie ambientazioni, soprattutto la struttura in cui è imprigionato Lecter e la casa di Buffalo Bill, ma anche la casa di Fredrica Bimmel, una delle vittime, sono realistiche e quasi dannunziane, con estrema attenzione verso i particolari. Sotto è riportata la descrizione della cella di Hannibal Lecter:
La cella del dottor Lecter è al di là delle altre: di fronte c'è soltanto uno sgabuzzino. Ed è unica sotto altri aspetti. C'è una parete di sbarre: ma all'interno di quella, a una distanza maggiore della lunghezza di un braccio umano, ce n'è una seconda, una solida rete di nailon che va dal pavimento al soffitto e da muro a muro. Al di là della rete, Clarice scorse un tavolo imbullonato al pavimento, carico di libri in brossura e di fogli, e una sedia, imbullonata anche quella.
E ancora, la descrizione della casa di Fredrica:
La casa di Fredrica Bimmel era a tre piani e tetra, coperta da piastrelle color asfalto macchiate di ruggine dall'acqua traboccata dalle grondaie. I ciuffi di erba spuntati dentro le grondaie avevano resistito piuttosto bene all'inverno. [...] Dovunque c'erano scatoloni accatastati che riempivano le stanze, pieni di paralumi e di coperchi per barattoli, cesti da picnic, vecchi numeri del "Reader's Digest" e del "National Geographic", vecchie racchette da tennis, lenzuoli, una cassa di bersagli per freccette, foderine per sedili d'auto scozzesi stile anni Cinquanta, con un odore intenso d'urina di topo.
Detto ciò, vi auguro buona lettura e vi lascio con l'emblematica falena "testa-di-morto".